Curse of the Azure Bonds: Prigioniero di un master scarso

  Mi sono appena preso l’appunto di cercare notizie dimostrabili per venire a conoscenza di quanta gente nel corso degli anni ha iniziato a giocare a Curse of the Azure Bonds e poi ha abbandonato prima della definitiva risoluzione. Questo è un Videogame che appare infinito da giocare, e non nel senso migliore del termine.  Un videogioco può essere infinito, e ben venga se lo è, i migliori Videogame online sono quelli che si giocano per anni, ma non può scadere fino a essere noioso e ripetitivo come CotAB.   Il fatto che sia da due anni fermo su questo prodotto, non è indicativo, perché ho poco tempo, e basta, da dedicargli; se avessi avuto la possibilità di fare il Nerd-Gamer Full-Time, stimo a occhio che sarebbero serviti non meno di 20-30 giorni per completare tutta l’avventura – e il problema maggiore sarebbe stato resistere di fronte al monitor.  Riassumendo ancora una volta, Curse of the Azure Bonds fu un prodotto «storico» di AD&D per computer, ma se lo devo valutare solo come videogioco devo confermare che tutti i suoi pregi sono estranei al prodotto elettronico in sé.   Il concetto di partenza è ottimo e “pensato” meglio delle altre saghe videoludiche degli anni ’90, perché l’«Episodio II» in questo caso viene sviluppato su più dimensioni editoriali: Narrativa e Tabletop; inoltre l’idea di poter trasferire i personaggi da un programma all’altro, tra 1989 e 1990 era qualcosa di sconvolgente, ma detto questo, ci si ferma qui nel mettere stelline di gradimento positivo.  Curse of the Azure Bonds appare un videogioco fatto in fretta e in furia con pochissima coerenza e pianificazione della trama. In primo luogo manca una “guida credibile” tra una sezione e l’altra dell’avventura; differentemente da Pool of Radiance nel quale sapevamo sempre cosa stavamo facendo, qui riceviamo solo vaghe indicazioni da parte di un personaggio, il misterioso signore alle Pietre Erette, verso il quale non si può certamente parlare di interattività.  Gli incontri con i personaggi del romanzo, poi, possono essere d’aiuto a chiarire il quando della vicenda ma, anche con questi, non si può interagire davvero: non ci sono né alleati né nemici, ma delle persone che ci lasciano per seguire i loro affari, e sembrano lì per far réclame ad Azure Bonds (un «leggi il libro!» in pratica).  Il peggio si tocca quando trovo la via d’uscita dal dungeon di Cascate del Pugnale (Dagger Falls). Precisato che questo dungeon termina con gli avventurieri che raggiungono un circolo ricreativo di beholder, i quali sono almeno una dozzina ed è impossibile ucciderli tutti (e delle testimonianze di altri giocatori confermano che non è necessario ucciderli), la mossa da fare è rientrare nella parte di dungeon che sono le stanze di questi mostri, evitarli tutti e trovare l’uscita “B” del posto – cioè l’uscita diversa dall’entrata.

  Dopodiché mi trovo in questa condizione: “mi sembra” d’aver fatti quanto Tyranthraxus chiedette alle Pietre Erette – “trova qualcuno di verde a nordovest” – e ho due PG pietrificati.  Prima rientro a Valdombra dove curo i PG e poi, fortunatamente, mi godo le scalate di livello di Darletta, Frug (riammesso al Party) e Ozwald (recuperato); adesso ho una maga di XI Livello, un Chierico di VII e un Chierico/Magi di VII/VI Livello.  Successivamente torno alle Pietre Erette e qui trovo che non è cambiato nulla di niente! Il PnG mi dice le stesse esatte parole dell’altra volta.  Qui i miei peggiori timori si rivelano fondati: Curse of the Azure Bonds, è un videogioco che è stato creato su una trama da Tabletop la quale richiede cose “impossibili” in un videogioco: tanta investigazione sulle cause e sulla natura della maledizione dei Legami Azzurri e ancora più interazione con i PnG.

  Se invece di realizzare il tutto in pochi mesi, la SSI e la TSR si fossero presi il giusto tempo, sarebbero riusciti nell’impresa anche con i mezzi tecnici di quel periodo; invece così non fu e ne risulta un gioco con una storyline povera e caotica ma, io credo, gli sviluppatori del Videogame lo abbiano valutato troppo «breve», cioè, si impiegava troppo poco  tempo ad arrivare alla conclusione.  Personalmente questo parametro di giudizio per un videogioco (la «Longevità») è sempre stato discutibile, fatto sta che altra spiegazione non so trovare alla presenza dei dungeon-bonus nelle Valli, né ci può essere altra spiegazione alla costrizione ormai acclarata che debbono essere fatti tutti fino in fondo. Altrettanto oggettivo è il fatto che si giunge a questa conclusione solo per esclusione di altre ipotesi e che un gioco di ruolo non deve funzionare così.