Curse of the Azure Bonds: La morte negli eRPG

  All’uscita dal dungeon che ha avuto merito di ottenere tanti nomi quante le sfide imposte agli avventurieri, ci troviamo la presa per i fondelli di Olive Ruskettle ad aspettarci esattamente là fuori.

  Pare proprio che lei sapeva benissimo come fare avanti e indietro dalla città senza alcun problema, ma non fu minimamente d’aiuto, al pari di Dimswart che, in tutto quel caos di combattimenti feroci all’ultimo sangue durante i quali sono state fatte detonare magie distruttive in luoghi chiusi e stretti, c’è sempre venuto dietro, e mentre perdevo elementi validi e indispensabili, lui si “nascondeva” e ne veniva fuori senza mai un graffio.

  Senz’altro passaggi come questi non rendono esultante un giocatore di ruolo che tiene un occhio su certi dettagli. Insomma l’avventura è decisamente impegnativa per suo concetto di base, e la storia non è delle più felici e gloriose per il gruppo costretto a partire come delle “prede in fuga” piuttosto che come eroi o liberi avventurieri, per poi trovarsi a dover compiere delle imprese da “Spartacus” – ossia liberarsi dai padroni.

  Di fronte a questo scenario anche i “buoni” ci trattano con una certa aria di superiorità e soprattutto di diffidenza, perché quando Olive dice «Ah! Ce l’avete fatta! Sono sorpresa!», solo uno sciocco non capirebbe che Olive considera gli “eroi” sacrificabili in caso non ce la facciano con le loro sole forze. E dire che sappiamo, e ora lo scopriamo con maggiore certezza, che a supervisionare tutta questa faccenda c’è una personalità di Valdombra che solo un altro sciocco non comprenderebbe essere Elminster. Non che su Azure Bonds il grande mago corse a far da balia agli altri protagonisti ogni volta che incontravano delle difficoltà, ma certe ciniche “messe alla prova” non competono a certi tipi di personaggio.  Ruskettle prende con sé Dimswart e ci lascia soli. Entro così in una di quelle fasi, molto spesso piacevoli e rilassanti degli eRPG dove si è effettivamente liberi di fare quello che si vuole – nei limiti del programma – cosa che si sostanzia soprattutto nel commercio degli oggetti ritrovati, nell’acquisto di nuovo equipaggiamento e in avanzamenti di Livello. Nel mio caso avrei avuto anche ben tre PG da recuperare, caduti durante lo scontro con Dexam, i due chierici Ozwald e Derka e l’halfling Flikwas.

 Per avere a disposizione tutti i servizi che ci servono, dobbiamo rientrare fin nel cuore delle Valli, solo a Shadowdale (cioè a Valdombra come traduco il toponimo) ci sono un tempio e una «Sala dell’accademia» – il primo serve per l’assistenza medica data dai Chierici, la seconda per far fruttare i Punti Esperienza e aumentare di Livello, benché su AD&D il “salto qualitativo” da un Livello all’altro è immediato e automatico, come una maturazione del PG dopo una specie di “illuminazione”.  Una volta raggiunto il tempio, “gettandomi” sulle opzioni per riportare in vita i chierici mi blocco letteralmente diacciato perché fino ad allora non avevo fatto minimamente caso a un dettaglio né tra la pletora di regole speciali e circostanze particolari di AD&D mi ero dimenticato che quando un beholder uccide, soprattutto quando uccide con il suo Raggio della Morte, disintegra. Del defunto non resta più niente se non un mucchietto di polvere e, a quanto pare Resurrezione non funziona su questi. Non per caso Rianimare i Morti richiama l’anima del morto dentro il suo corpo e lo rimette in vita così com’è – poi è naturale che se il corpo è malconcio, subito dopo e di conseguenza il Chierico lo cura e lo guarisce – ma a quanto pare un’anima non può rientrare in un pugno di cenere né sembrano essere a portata di mano soluzioni più elaborate per ricomporre un corpo, che dovrebbe trattarsi di incantamenti da Maghi e non tanto da Chierici.

Quindi, quando sullo “Status” si legge “Gone”, il PG è davvero andato!

  Tuttavia le regole crude e pure del Manuale del Giocatore di AD&D non sono così precise in merito. Potrebbe esserci una spiegazione alternativa, come il fatto che tra la morte per disintegrazione dei due e l’arrivo al tempio siano passati “troppi giorni”. Raise Dead ha questo limite particolare (tra i diversi) il Chierico che opera quest’incantesimo, può riportare in vita personaggi morti entro un limite di giorni pari al suo Livello, quindi, dato che Raise Dead diventa disponibile al IX Livello, il Chierico può riportare in vita un essere umano o semiumano (elfi esclusi) fino al nono giorno dopo la sua morte; un chierico di XX Livello invece può far attendere anche venti giorni. Ora, la circostanza è talmente particolare che non ho proprio calcolato o fatto caso con precisione a quanto tempo – di gioco – è stato necessario per tirarsi fuori da quel dungeon, anche se a occhio posso dire che tutti i turni sommati alle ore di «Camping» al limite potevano sfiorare le 36 o le 48 ore, perciò tutto dovrebbe risolversi dicendo che il Chierico non può resuscitare dalle ceneri.  Forse neanche l’incantesimo conosciuto come Resurrezione Integrale (in originale Resurrection e basta) supera tutti questi limiti, dato che il testo parla di «ossa» e non di ceneri, ma è un incantesimo di Livello così alto che non è compreso nei parametri massimi di CotAB, quindi, non è disponibile e non ci posso fare nulla. Ho perso irrimediabilmente due personaggi, uno dei quali me lo sono portato dietro fin dal 2013, dai tempi di Pool of Radiance, che ho fatto crescere a partire dal primo Livello. Ora posso solo, in ultima istanza, tentare di ripartire da prima dello scontro con Dexam, sperare – nell’impossibile – che non disintegri nessuno e rifare tutto il tragitto fin qua, oppure accettare il fatto che – nonostante tutte le semplificazioni – Curse of the Azure Bonds non è un videogioco ma un gioco di ruolo elettronico, e a volte le avventure finiscono male, per alcuni.   Flikwas, invece, per mia fortuna, era in una condizione diversa. Lui non fu ucciso dal beholder, ma colpito dal potere soprannaturale della sua serva medusa. In altri termini, è stato trascinato fin qua sotto forma di una statua di pietra – per la fortuna dei superstiti è un halfling, quindi di piccola taglia, e dunque posso “recuperarlo” e farlo tornare in perfette condizioni grazie all’incantesimo Carne in Pietra, o meglio, la sua inversione: Pietra in Carne.   Nel mentre che ragiono e medito su come riempire i due “buchi” che mi ritrovo nel cuore e nel gruppo, termino le operazioni di “amministrazione e bilancio” dei PG. Gli oggetti magici recuperati non sono di grande qualità, i migliori erano le armi e le armature dei drow ma queste, come già capitò dopo il Villaggio di Hap, quando vengono esposte alla luce del sole, si distruggono.

  Infine la visita nella Sala dell’accademia (luogo/istituzione o servizio che in realtà esiste solo nei videogiochi per esigenze di programmazione), mi lascia con una riflessione piuttosto che con l’amaro in bocca. Effettivamente solo Iggyblizzy ha ottenuto sufficienti P.E. per avanzare di Livello, tra l’altro e come al solito, come Ladro – tutti gli altri restano fermi tra il IX e il X Livello delle loro Classi. AD&D conta una scala totale di una ventina di Livelli per Classe – alcune ne hanno di più, altre di meno; com’è noto, più si avanza verso gli alti Livelli maggiore è il differenziale in P.E. da guadagnare per alzare questa caratteristica fondamentale. Solitamente le avventure e le campagne sono progettate in modo proporzionato, ossia, mano a mano che i PG diventano più forti diventano anche più importanti e le sfide che possono compiere sono lo stesso più pericolose e remunerative. Scegliendo degli obiettivi ambiziosi e preferendoli al dare la caccia a coboldi e orchetti per tutta la vita, si prosegue in una crescita dei PG a un ritmo pressapoco costante.  CotAB invece, se non si fosse appreso, è un’avventura fuori da questi schemi e scale; in essa il quadro narrativo è più importante dell’acquisizione di XP, dei tesori magici e di altri elementi che di solito fanno la differenza qualitativa nei GdR, e c’è un po’ troppa stasi in questo senso, anche perché gli opponenti sono calibrati quasi tutti negli stessi ranghi di sfida.  È altresì oggettivo che non sempre il videogioco riesce a gestire al meglio la narrazione in modo che sia coinvolgente e accettabile per il giocatore, facendolo restare, in sostanza, un titolo di nicchia per intenditori.