Curse of The Azure Bonds: Il dungeon ingannatore

  Sono sempre lì. Non ho cambiato né dungeon né gioco; mi trovo ancora sotto la Cattedrale di Bane (più o meno) a Rocca Zhentil, venti/trenta minuti dopo aver schiantato gloriosamente il beholder Dexam. Ma la cosa interessante è che da questo momento in poi, l’ultimo trancio di questa parte d’avventura cambia di segno, e il dungeon diventa un «dungeon ingannatore», ponendo alcune sfide abbastanza complesse.  Ancora devo trovare un modo definitivo per liberarmi di quel gruppo di PnG contro il quale ho testato gli inutili effetti dell’incantesimo Invisibilità fino alla nausea (vedi articolo precedente). Questi avversari contano, di otto minotauri tre chierici di medio Livello e due chierici Alti Sacerdoti di Bane. La disposizione delle forze avversarie è con i chierici più deboli in avanguardia, i minotauri a creare una grande barricata vivente al centro e i due chierici più potenti nelle retrovie.

  In quest’Incontro è facile farsi prendere dallo sconforto e commettere degli errori, ancora più quando si è ridotti ad avere solo un mago e due guerrieri, nessuno di loro al massimo delle forze. Tuttavia con la giusta dose di razionalità si scopre che i PG hanno fatto nel frattempo grandi progressi – e anche noi come giocatori.  Il punto migliore dove “provocare” l’Incontro è il corridoio esterno alla stanza (che compie una svolta verso sud all’altezza di dove si posizioneranno le retrovie avversarie). In questo modo i nemici sono stretti tra loro e, non potendo caricare (non previsto nel combattimento di Goldbox) non usano neanche armi su asta o a distanza, quindi sono limitati nei movimenti e non possono arrecare grandi danni – esclusi i chierici che lanciano le solite temibili magie “incapacitanti”, i minotauri davvero si trovano lì solo a fare numero, per giunta in eccesso, dato che bloccano i loro alleati.  Nella mia esperienza personale ho trovato che il metodo migliore è quello di devastarli senza pietà. Lo spazio a disposizione è perfetto: una Palla di Fuoco apporta danni importanti a tutti, in pratica dimezza i Punti Ferita di ognuno; una seconda Palla di Fuoco ripulisce la zona da quasi tutti gli avversari e i pochi superstiti scappano, senza neanche restare incastrati come al solito. Addirittura, usando questa strategia, può verificarsi anche il caso che una sola Palla di Fuoco sia sufficiente per mandare nel panico tutta la truppa e farla fuggire. Sembra anche dopo la morte di Dexam il Morale dei Baniti ortodossi sia molto più basso, prima non scappavano mai.  Le brutte notizie di questa sessione arrivano una volta superato questo Incontro. Se si esplora l’angolo del quadrante di sud-ovest in cerca d’uscita, non la troviamo lì: è la strada sbagliata. Oltre la mappa dell’elfo morto, tuttavia, più e più volte lungo il dungeon ci viene ripetuto il ritrovamento di un pezzo di pergamena sul quale sta scritto che l’uscita si trova a «nord-ovest, dopo gli archi, poi a destra»; avrò trovato questa stessa indicazione almeno cinque o sei volte da quando giro qua.

  La supposizione più immediata è che questo pezzo di pergamena fosse anch’essa proprietà dell’elfo morto, quindi riprendo sempre dal solito punto di salvataggio e cambio rotta: “torniamo indietro” risalendo verso nord fin quando non trovo la “stramberia” di un corridoio a volta in un dungeon! No, perché, in fondo tutti i dungeon scavati nella roccia altro non dovrebbero avere se non archi e soffitti a volta o altro di un genere molto simile – è una forzatura questa.

  Risalendo verso il punto prestabilito dall’«indizio», dopo aver rinunciato all’uso di ogni stratagemma in grado di aumentare la furtività del guppo – eppure nei piani superiori queste tecniche avevano funzionato bene (vedi articoli precedenti) – mi rassegno a sottostare ad altri combattimenti. Questa volta tocca allo “strano gr

uppo” di un piccolo branco di grifoni ancora una volta sotto la guida di un nobile drow di cui continuerò sempre a lamentare l’insensata presenza.

  Ormai gli scontri in questo dungeon si sono assestati a un livello “difficile ma non impossibile” o in alternativa sono io a essermi abituato a gestire questo tipo di avversari e a scegliere le mosse migliori massimizzando i danni e minimizzando gli errori. In questo caso ho la fortuna di trovare l’opponente più pericoloso senza assistenza di altri PnG che possono agire in sinergia con la sua prestanza impressionante in corpo a corpo. Le bestie di cui è circondato, infatti, sono molto deboli anche in rapporto ai miei tre PG superstiti e, ancora più fortunosamente, impediscono all’elfo oscuro di farsi avanti e falciarmi i PG. Riesco a fare del danno magico al drow – non resiste proprio sempre alle Palle di Fuoco – e ad avanzare ancora.  Raggiunto l’angolo indicato dall’appunto scritto come via d’uscita, a parte la grossa fregatura, ottengo la constatazione di una delle regole di base per l’esplorazione dei dungeon che può essere formalizzata in «in un dungeon non si deve mai tornare indietro».  È una regola vera, effettivamente applicabile nella maggior parte dei casi con ottimi profitti per null’altra ragione se non quella che i Dungeon Maser (professionisti – quelli che scrivono avventure commerciali – e quelli che le fanno per puro diletto con gli amici) hanno come consuetudine generale e predominante la costruzione di dungeon con delle entrate e delle uscite in due punti diversi, le due poste in modo che il gruppo «attraversi» il labirinto. Tanto spesso i dungeon sono stati costruiti secondo questo principio architettonico – e si continua a farlo anche oggi – che spesso non desta obiezioni trovare caverne come le tane delle tribù umanoidi con la stessa struttura – invece, di solito, una tana primitiva sotterranea dovrebbe essere un cul-de-sac. Quindi non tornate mai indietro nei dungeon, se non siete costretti, se siete convinti di essere in un posto costruito su degli “standard”, altro non troverete che trappole e fregature! Il pezzo di pergamena certamente non fu scritto dall’elfo morto perché una volta raggiunto il «punto x» i PG si ritrovano sparati dentro un teletrasporto che infligge danni, e invece di rivedere la luce del sole, ci troviamo ancora di fronte al cadavere del tipo appena chiamato in causa. Ecco com’è morto allora!

  L’idea di rifare a piedi da nord a sud, e per una volta ancora, l’intero complesso sotterraneo non mi sfiora minimamente: perché rischiare di incrociare altri mostri erranti (nonostante il ritmo sembra essere calato) quando so benissimo cosa mi aspetterà? Non cambierò più la strada vecchia per quella nuova. «Resettando» il gioco e riportandolo per l’ennesima volta nel punto in cui il cadavere del beholder inizia a decomporsi, riparto tralasciando l’Invisibilità ormai decretata come inutile orpello e ritorno nuovamente da quel simpatico gruppo di disturbo. Questa volta succedono cose inaspettate: mi basta una Palla di Fuoco per far scappare tutti gli avversari che, nonostante la superiorità numerica abbandona il campo di gran fretta; ma assisto sorridendo ai chierici che mi «freezano» i PG con i Blocca-Persona e poi scappano, di modo da ritrovarmi con la vittoria assegnata anche con i PG del tutto incapacitati.  Dopodiché si avanza verso un’altra sezione inesplorata del complesso, arriso dalla fortuna di avere “in canna” ancora una Palla di Fuoco da esplodere. L’idea che gli scontri non siano finiti è una certezza, questo dungeon ha una simmetria davvero rigida. Infatti se nell’angolo con la trappola ingannevole ho trovato uno stormo di grifoni comandati da un drow, nel capo diametralmente opposto, cosa incontro? Una muta di manticore con un drow! E anche un chierico!

  Con i drow è sempre un’incognita, non si sa mai come va a finire. Ripeto il combattimento tre volte. Alla prima occasione non sono preparato bene e ho la peggio su tutta la linea. Riparto per la seconda volta, e rinunciando a effettuare un «Rest» completo mi presento sul campo di battaglia con tre Palle di Fuoco memorizzate; è vero, sembra che stia giocando solo con la maga, ma è la PG che mi sta facendo la differenza. Purtroppo nel «macht 2» il drow inizia avendo la strada libera per raggiungere i miei due guerrieri e la speranza di indebolirlo con le Fireball viene meno: incendierei prima gli altri che non sono né al pieno dei loro PF, né pareggerebbero con il PnG malvagio perché ne ha 108.  In questo scontro resistiamo sufficientemente, tutti gli altri avversari li spazzo via e mi ritrovo con Darletta e Iggyblizzy (Dumbstalk andò giù) a fronteggiare il nemico con i P.F. intorno ai 90. La situazione era chiaramente disperata, non sapevo neanche che magia tirargli addosso per mandare il combattimento a mio favore. Più per ingannare il tempo che per altro, tento un incantesimo Paura (V Livello), e funziona! Il drow è costretto a ritirarsi. Incrocio le dita, ma purtroppo anche lui si incastra in fondo al corridoio a molti passi di distanza dai miei PG. Non ho armi a distanza né incantesimi capaci di ucciderlo, con l’ingombro esagerato dei miei personaggi – causato da un bug nella metà del della campagna che mi ha imbottito di gioielleria – quando arrivo a lui, l’effetto della Paura è finito e mi trucida i personaggi senza complimenti.

Il «macht 3» è stato quello decisivo. Arrivo ancora meglio preparato con l’incantesimo Affretta già attivo e questa volta il drow è dietro a tre file di manticore. Darletta prepara la prima Palla di Fuoco, muovo i guerrieri vicino alle manticoare ma non le colpisco: perché fare a meno di questi utilissimi ostacoli per il nemico? Sembrò quasi che quel drow avesse capito che stavolta sarebbe finita male; lo vedo muoversi per cercare una strada verso i miei PG, con il risultato inverso: si allontana ancora di più dal cuore della battaglia.Darletta ha tra le dita una Palla di Fuoco pronta: più è lontano il bersaglio, meglio è! Quando gli arriva addosso, il Dark Elf Lord si becca 40 Punti Ferita di danno, non il massimo ma poco ci mancò; la sua Resistenza alla Magia e i suoi Tiri Salvezza avevano fallito perché lo stesso ammontare di danni viene subìto da una manticora ed essa sparisce dallo schermo.

  Avevo ancora due Palle di Fuoco da lanciare e sebbene fossi cosciente che il Dark Lord  si spostava da un lato all’altro del corridoio per tutt’altre ragioni, dentro di me non ho potuto fare a meno di ghignare immaginandolo tentare di schivare le successive. Anche se riuscì a dimezzare il danno, quando si ritrovò poi da solo con i due guerrieri addosso era soltanto un bersaglio abbastanza difficile da colpire e molto pericoloso quando rispondeva. Ma questa volta i miei nano e gnomo si dimostrarono temibili.  Ucciso questo drow, si può anche scrivere che in questo dungeon calò il silenzio; un silenzio molto piacevole riempito solo dai passi claudicanti e affaticati dei miei tre PG superstiti e molto ammaccati che trascinavano i corpi restanti dei loro amici caduti. Finalmente riesco a vedere la luce del sole entrare dall’uscita del dungeon. Rocca Zhentil è finita, sono ai quattro quinti della campagna!

  Sicuramente questa è stata una sezione che, dal punto di vista dell’impegno in combattimento non è andata molto diversamente da Yûlash in termini di difficoltà. Ma allo stesso modo, sotto il profilo narrativo  della storia i personaggi hanno avuto un’esperienza ancora peggiore, perché si sono resi conto di poter agire sempre meno liberamente.  Dovrebbero essere comunque fieri d’essere usciti e più che motivati a porre del tutto fine alla loro maledizione, se non fosse che avranno una brutta sorpresa – una volta ancora – prima di ripartire per dare la caccia a Tyranthraxus.