Tesori e Divisori

Tesori, bottino, oggetti magici, pile di monete, ceste di gemme, fraccate di Punti Esperienza. Ma come riuscire a dividerli senza finire col prendersi per il collo?

   Fine. 

  Qualunque cosa vi abbia tenuto per settimane con la testa infilata in una dimensione virtuale d’esistenza per una campagna di un Gioco di Ruolo, è stata sconfitta. Da voi, dagli eroi che avete impersonato, dai vostri amici.   La carcassa gigantescamente mostruosa del dragone malvagio (o altra cosa per esso) giace ventre al cielo zampe e zanne rattrappite, bruciato e squarciato dagli incantesimi e dalle lame degli eroi; l’oscura divinità devastatrice e apocalittica è stata bandita, ricacciata nella sua dimensione e ora un rassicurante nulla nero di notte domina la vista — il portale dai vapori azzurri e violetti è svanito dopo essersi chiuso nell’inversione dissacrata di un pàrto. Il campo di battaglia devastato fuma di roghi e del sangue caldo versato, e adesso i vittoriosi superstiti si sono conquistati il diritto di farsi chiamare eroi; possono voltare le spalle allo scenario d’olocausto nel quale sono stati gli attori protagonisti e tornare alle comodità della civiltà da loro salvata. Lì sicuramente qualcuno gli preparerà una sontuosa celebrazione.  

Per i personaggi giocanti di sicuro non c’è di meglio sotto il profilo umano, ma dal punto di vista economico e per i loro giocatori (che forse badano molto meno dei loro Avatar a pranzi, danze, frizzi, lazzi e flirt) la fine di una Campagna di gioco fa salire alla gola l’arsura dell’avidità e la brama di potere, di nuovo potere, di più potere; arriva tutta insieme al momento della «divisione del tesoro» — sebbene «spartizione del bottino» sarebbe più corretto. 

  Durante questo momento possono iniziare le grane; cominciando con qualche indecisione a causa anche da una mai perfetta e puntuale descrizione di un sistema economico fittizio, i giocatori piuttosto che i personaggi possono perfino finire con il litigare tra loro, specialmente se nel bottino ci sono oggetti di particolare valore o con proprietà magiche. Se, prendendo D&D come punto di riferimento classico e pietra di paragone, per i Punti Esperienza ottenuti dalla sacra pratica di fare a pezzi molto piccoli ogni genere di mostro, la computazione più complicata è arrotondare per eccesso o per difetto i punti acquisiti negli scontri “tanti PG contro un solo pezzo grosso” (ma si possono persino accantonare i resti decimali per aspettare che arrivino a formare valori di numero intero).   Stesse agevolazioni per i “tesori” di valore monetario corrente; tutti conoscono il sistema monetario di Dungeons & Dragons (facile e divertente: riporta la mente alle classi delle Elementari quando si studiavano le equivalenze) e le varianti esistenti nelle diverse ambientazioni. Quindi, quando si spartisce il tesoro già in moneta sonante, o convertibile in conio, è difficile che i giocatori ne escano insoddisfatti o si incontrino problemi in materia: ciascun personaggio avrà alla fine ciò che gli spetta, un introito da utilizzare come preferisce per dell’equipaggiamento migliore, case, proprietà possedimenti e altro.   Ma quando abbiamo a che fare con degli oggetti magici? Cambia tutto per forza di cose, e ci si può far poco. È vero, anche gli oggetti magici possono essere convertiti in un valore monetario nominale o reale perché — escluse pochissime eccezioni — ogni oggetto magico è costruito, è qualcosa che può essere fatto e rifatto centinaia di volte da chi è capace; semplicemente all’operazione del «fabbricare» vi si aggiunge quella dell’«incantare», ma in un mondo magico e virtuale, “siamo lì”, non cambia molto. Ma niente cambia all’atto pratico se ci si trova a far la spartizione degli oggetti magici anche di bassa qualità e scarsa potenza; per un gruppo di personaggi principianti o per navigatissimi avventurieri di lungo corso c’è sempre il rischio di far accapigliare i loro interpreti come dei ragazzini per l’incommensurabile reliquia creata dalle divinità loro padri. I tesori magici hanno questa caratteristica che niente e nessuno potrà mai mutare: 

conferiscono un potere mai esattamente quantificabile e misurabile; non si possono pesare, e l’eventuale scambio — volendo usare un termine da Ragioneria — si basa sul valore d’uso e non su quello di mercato.

Nei fatti:

  • A cosa serve un oggetto non utilizzato da nessuno? A nulla.
  • Quanto vale una cosa che nessuno vuole? Niente.
  • Per contro: quanto può valere un oggetto che tutti possono usare e quanto può costare una cosa che tutti vogliono? 
  • Se si tratta di qualcosa difficile da trovare, la risposta è: anche troppo

  Come fare per affrontare praticamente questo problema e risolverlo nella speranza di mettere a tacere quasi tutte le possibili critiche? (Poiché bisogna essere coscienti del fatto che gli esseri umani sono capaci di lamentarsi sempre di qualunque cosa in ogni circostanza).  Bisogna fare quello che la società reale fece nel corso della storia più volte: istituire dei principi di Diritto Privato. Nei manuali dei GdR, cercando un po’, se ne trovano persino con facilità.

Uno dei casi di «formalizzazione» della questione la possiamo trovare nel Manuale del Giocatore della Prima edizione di Advanced Dungeons & Dragons (1978), all’Appendice V, dove si suggeriscono possibili modo di per accordarsi sulla spartizione dei tesori — anche se ripeto che usare il termine «bottino» è più esatto.  Vengono offerte tre opzioni, nella speranza siano equivalenti. 
  1) Divisione in parti uguali  Cioè suddividere prima di tutto il bottino per categorie: monete per tipo, oggetti preziosi per tipo e valore, oggetti magici per categoria e qualità; poi dividere in parti d’uguale quantità tra tutti i personaggi del gruppo.   Nell’augurato caso che (con un pizzico di “manipolazione” da parte del DM scaltro) tutto càpiti in numero divisibile per interi, allora il sistema funziona: senza chiamare in causa differenze tra le classi dei PG, tutti avranno le stesse cose e poi decideranno individualmente come fare. Volendo si può dire che questa sia un caso raro; potrebbe risultare irreale ma alcuni GdR non hanno la pretesa del realismo totale. 
2) Dividere in base al Livello.  Il principio da applicare propone una differenziazione dei personaggi abbastanza chiara: esistono rapporti e proporzioni di forza e potere obiettivi, alcuni oggetti magici sono pressoché inutili in mano a personaggi ancora non maturati. Per questi, il possesso di un tesoro magico molto potente non apporta reali benefici in quanto raramente alza il tasso di sopravvivenza contro avversari molto più forti di loro.  Giusto per essere chiaro: prendiamo il metro di misura di D&D e constatiamo: una Vorpale +5 in mano a un PG di II Livello non fa alcuna differenza quando questi sta davanti a un Drago Rosso Antico; in mano a un Guerriero di XV la differenza la fa eccome. Ergo: spesso e volentieri i PG poco potenti che sculano un oggetto d’élite poi rischiano d’avere vita breve per la pura avidità dei mostri e degli umani (e semiumani, anche, a volte).  Venendo alle operazioni aritmetiche, questo sistema vuole una divisione nella quale prima si sommano tutti i Livelli dei personaggi e il tesoro nel loro complesso, poi si divide per il risultato della somma. Cioè: otteniamo delle frazioni di bottino che poi vengono distribuite come porzioni o pacchetti in base a quanti Livelli possiede un PG — più Livelli ha un personaggio, più fette della torta gli spettano.

  Al tempo, si parla della Prima edizione di Advanced Dungeons & Dragons, poiché esistevano i personaggi multi-Classe, il loro caso venne preso in considerazione e risolto con la regola di aggiungere la metà dei Livelli della Classe più bassa alla somma complessiva dei Livelli, per determinare la totalità dei Livelli da conteggiare nella divisione dei tesori, così da rendere equa la suddivisione. Forse questo sistema appare ottimo per dividere in modalità scalare tutti i tesori recuperati salvo gli oggetti magici? No, può essere usato anche per quest’ultimi, basta scegliere se commutare il loro valore di potere in valore monetario — se tutti, tra PG e giocatori son d’accordo — oppure “partizionarli” in quote; cioè raggrupparli secondo il tipo, il potere, i bonus, e magari decidere che un oggetto +1 possa esser dato a un PG almeno al II Livello, i +2 +3 al Terzo e al Quarto. Stesso discorso per gli oggetti dotati di poteri maggiori: se la magia è sistemata per livelli di potere crescente, è sufficiente individuare quale livello di potere l’oggetto raggiunge. 
Terzo metodo: parti uguali con l’aggiunta di Bonus.
  È un metodo che il Master può scegliere — a suo rischio e pericolo — per premiare i giocatori migliori e capaci di assumere i ruoli guida.  Qui il sistema aritmetico è molto semplice, e va seguito così: posto per esempio che il gruppo sia composto da quattro personaggi giocanti, il corpo totale del tesoro viene diviso in sei porzioni uguali (4+2). Al momento della suddivisione, una volta trovato un accordo per stabilire chi è stato tra i migliori della sessione di gioco, si decidono i due migliori PG e questi prendono razione doppia di tesoro. Nel caso uno solo dei quattro abbia dato prova di eccellenza, può prendersi anche tre porzioni tutte per sé  Per questi tre metodi generali, il Manuale primo tributario di formalizzare quanto più possibile nei Giochi di Ruolo, presenta anche dei modificatori per casi particolari.  Primo: quasi sempre i personaggi di un gruppo di gioco hanno hanno la possibilità di utilizzare dei Personaggi non Giocanti come assistenti, servi, valletti, guardie del corpo. Sono i generalmente detti «Seguaci» e spesso, dando modo ai Master di interpretare personaggi più sfaccettati dei mostri e più giocabili dei meri antagonisti, diventano figure importanti per il gruppo, facile anche affezionarsi a loro.   Qui la regola si restringe, per ovvî motivi, al caso di un PnG Seguace, ossia al servizio di un personaggio giocante — è l’unico caso “speciale” ammissibile poiché se il PnG fosse svincolato e indipendente dovrebbe partecipare a pieno titolo alla spartizione di un bottino, al pari di tutti gli altri. Invece i Personaggi-non-Giocanti che sono Seguaci di un personaggio giocante contano sempre come mezzo-PG o con i suoi Livelli dimezzati e non può accedere a porzioni bonus di bottino. In pratica, benché viene permessa una crescita e un’evoluzione in termini di Livelli della Classe d’appartenenza dei PnG Seguaci, questa viene tuttavia limitata con il dimezzamento di tutte le acquisizioni. Il principio della regola è posto dal semplice fatto che un Seguace resta pur sempre un servitore e dovrebbe accettare “per contratto” una disparità di trattamento.  Secondo caso speciale: quando un personaggio giocante viene messo fuori combattimento a metà dell’avventura, cioè quando da un certo punto in poi non partecipa più attivamente all’avventura, ma poi viene rimesso in sesto al termine. Qui Gary Gygax che fu autore del Manuale, parve voler tagliar corto solo per onore di completezza. È decisamente intuitivo stabilire come principio che un personaggio incappato in questa circostanza, possa accedere solo al bottino che si è guadagnato fin

tanto che riusciva a dare apporto al gruppo. L’unico problema riguarda il dover tracciare una linea di divisione temporale e calcolare le quote di tesoro da distribuire più volte, per diversi dividendi; a volte non pare valere la pena.   Ultima modifica: quando durante una sessione di gioco, con malizia o meno, un personaggio finisce col remare contro il resto del gruppo. Dando per scontato il perdono al giocatore e/o la ricomposizione del dissidio tra personaggi e giocatori superata, questi personaggi che: 1) hanno ostacolato il gruppo; 2) hanno attaccato gli altri compagni; 3) sono stati cause dirette o indirette di morti e feriti — secondo il Manuale dovrebbero perdere da un quarto all’intera somma della loro quota come punizione per le loro azioni.   Fin qui abbiamo visto metodi e sistemi che hanno principi di buon (e common) senso in via generale. Volendo è tutto applicabile a tutto e nessuno vuole imporre regole rigide in un gioco di ruolo — che è regno della creatività e della fantasia. Tuttavia qualora si abbracci la teoria per la quale gli oggetti magici siano qualcosa di molto diverso dalle pire di monete e preziosi, abbiamo altre linee guida più specifiche. 

                                         {Tutte queste linee guida generiche e/o particolari possono essere adottate addirittura come regole contrattuali, nel senso che i personaggi possono accordarsi fino a stipulare dei veri e propri «contratti d’impresa» nei quali fissano a priori dei principî che vincolano il comportamento dei personaggi in sede di divisione del bottino} 

  I cosiddetti tesori magici comportano una difficoltà in più. Dato che rischiano sempre di apparire unici, indivisibili e non assimilabili tra loro, non ha senso stabilire dei principî di spartizione a priori. In verità le avventure organizzate intorno al recupero o al furto di un particolare oggetto magico da una cripta o da una torre di stregone, per quanto possano essere frequenti fino a diventare abusati cliché per noiose routine, non rappresentano mai che una minima parte dei tesori magici accaparrati dai gruppi degli avventurieri. Gli oggetti magici possono essere rari e preziosi, ma soprattutto hanno un’utilità particolare; è questa la ragione per cui tutti li vogliono e molto spesso la possibilità di trovarne motiva giocatori e personaggi ad accettare missioni delle quali altrimenti farebbero volentieri a meno — e in conclusione — se per il tesoro monetario e monetizzabile è possibile fare una stima preventiva — quanto può essere ricca quella città, quell’antro di goblin, quel maniero del tiranno e così via — per gli oggetti magici questo modo di fare non si adatta: non si può mai sapere né quanti né quali oggetti di tale genere si possono trovare — anche perché spesso sono tenuti nascosti.

   Possiamo scegliere ancora una volta tre metodi o principi.  1. Magro tesoro magico. Se il gruppo ha racimolato uno solo o un paio di oggetti magici e, meglio ancora: se sono di scarso valore — possono cioè essere convertiti in valori monetari e raggruppati insieme al resto del bottino, si può fare anche in questo modo: si stima il valore di mercato di un oggetto magico e poi si usa quel valore per dividere il resto monetario o in prezioso in parti uguali. Chi vuole/ha bisogno/trae maggior beneficio dall’oggetto, si prende l’oggetto e rinuncia alla sua quota monetaria. Questa idea può funzionare anche all’inverso, cioè: “a quanta quota di monete può rispondere un oggetto magico?”. Stabilito questo — con un po’ d’approssimazione empirica — chi desidera l’oggetto dovrà rinunciare a due o tre porzioni di bottino a lui spettanti.

Infine può pure presentarsi il caso di un oggetto magico il cui valore superi anche tutta l’intera somma del bottino; ma in questo caso, avendoci un’idea del suo valore commerciale, un personaggio può comprare questo oggetto attingendo la differenza in eccesso dal proprio patrimonio personale, se ha fondi a sufficienza.  2. Caso dove gli oggetti magici iniziano a essere considerevoli. Voglio prima, però, Richiamarvi alle vostre esperienze personali: quando, nei vostri trascorsi, avete chiuso un’avventura con un “buon numero” di oggetti magici recuperati, questi, quanti erano nel loro numero concreto?  Gli oggetti magici non devono mai inflazionarsi troppo — a meno che non ci si trovi su una piattaforma di MMORPG. Spesso il Master non fa assolutamente nulla di sua iniziatica per evitare che i personaggi riportino a casa carriolate e carrettate di oggetti magici: basta applicare le tabelle dei manuali per avere un numero di items in circolazione congruo e coerente. Ne consegue che quando al termine di un’avventura ci si ritrova con cinque sei o sette di questi oggetti, c’è da ringraziare la sorte benevola. Come regolarsi con una tale quantità? Si propone di stilare una classifica di “pregio” dove l’oggetto migliore tra tutti finisca in cima a far la parte del boccone migliore. Tuttavia ci sarà sempre un’alta probabilità che pure il secondo miglior oggetto sia qualcosa di cui nessuno si lamenterà se entrasse in suo possesso — quindi anche questo può essere designato come porzione di tesoro sé stante.  Tutti gli altri a seguire, invece, saranno considerati oggetti magici minori, e per comparare il loro valore alle due scelte migliori possono essere messi in blocco, o in coppia perlomeno, sicché possano formare un parte di bottino dignitosa.  Infine, immaginando l’eventualità di un bottino magico diviso in quattro fette per cinque personaggi, va aggiunta una porzione extra di denaro contante per chi non avrà oggetti magici.  Questo sistema può essere variato in caso che vi siano sensibili differenze tra gli oggetti magici migliori e quelli inferiori. Dopo aver stilato la classifica proviamo a “impacchettare” le quote di bottino, si può compensare il minor valore di un oggetto magico inferiore contornandolo con un po’ di soldi di modo che il valore delle porzioni cosi tagliate siano tra loro le più simili possibili. 
La scelta.
  Adesso viene il momento di lasciare ai personaggi  piacere di prendere il tesoro fisicamente — cioè i possessi andranno trascritti sulle schede. Come? Quale sistema tra i più equi e impersonali, capaci di evitare ogni lamentela su favoritismi e simili? Basta abbassare gli occhi sul tavolo da gioco ancora sottosopra e la risposta viene da sola: lì ci sarà sicuramente lo strumento più adatto per risolvere la questione: il dado. Si tirano i dadi e, chi ottiene il punteggio più alto sceglie per primo.   Modifica possibile: per rendere effettivi i diritti dei personaggi di più alto Livello e far cosi funzionare il principio per il quale meglio concedere le cose più potenti a chi sa meglio usarle, permettere più lanci di dadi in relazione al numero dei Livelli dei PG, così da sistemare l’ordine di scelta in modo calibrato. Ai PnG, far effettuare solo un tiro di dado, qualunque sia il loro Livello.   Ci pare tutto.
Bye.