Dragons of Flame: estratto di documento orginale

  DRAGONLANCE è un complesso epico, pieno di dettagli, leggende e storie che non si trovano in molti [altri] moduli. Per giocare adeguatamente questo Modulo, lo si deve pensare come a una storia, e tentare di motivare indirettamente i giocatori a seguire la giusta strada. È particolarmente importante leggere il Modulo diverse volte, visualizzare la storia, e pensare alle differenti cose che i giocatori potrebbero fare. Non importa cosa, ma potrà essere necessario improvvisare ad libitum di quando in quando. Improvvisare con successo è il segno di essere un buon Dungeon Master.

  La prima nota indirizzata al Dungeon Master sul Modulo conferma quanto ho asserito finora: ci troviamo di fronte a un modo nuovo di intendere i Giochi di Ruolo. Probabilmente a quasi trentacinque anni di distanza da questo frammento di documento, risulta difficile da capire, perché la nozione prevalente oggi nei GdR è esattamente questa presentata sul DL2 di Dragonlance. Le avventure ufficiali pubblicate dalle case editrici contengono quasi tutte “una storia”; compito dei giocatori è riconoscere la sua trama e rincorrerla compiendo le scelte giuste; compito del DM invece è proporre i passaggi essenziali senza essere troppo banale o costrittivo verso il suo gruppo. 

  La possibilità di fare di testa propria ovviamente resta, si possono stravolgere le trame e le Ambientazioni facendo ruotare tutto l’intero universo intorno ai personaggi giocanti, ma con il passare del tempo una certa “ingessatura” è inevitabilmente sopraggiunta: a causa dell’associazione delle pubblicazioni e delle linee di sviluppo secondo le quali alcuni PnG – proprio come quelli di cui i romanzi di Dragonlance, che tali sono fatti nascere – assumono caratteristiche e spessore narrativo, il gioco acquista dei vincoli per i quali certi capisaldi vanno assolutamente rispettati (p. es.: non è possibile uccidere un personaggio in nessun modo) e l’orizzonte dei giocatori sarà quello di muoversi in modo da coadiuvare lo sviluppo della trama decisa dagli sviluppatori ufficiali; in caso contrario si esce dai solchi dei dettami ufficiali rischiando che diventi quasi impossibile gestire una campagna così “uscita di strada” con quella che viene detta la Continuity narrativa, per esempio giocare il Modulo DL3 dopo aver concluso il DL2 in modo “non consono”. 

  Infine, questo breve estratto conferma anche la diversità delle produzioni ante-1984; i Moduli d’Avventura precedenti, come appariranno con evidenza nel caso si recuperino, non avevano al loro interno una “vera storia”, bensì erano delle pubblicazioni che descrivevano staticamente degli ambienti di gioco, con una mappatura accurata, con gli antagonisti presenti e altre informazioni che, in sostanza, permettevano potessero essere giocati anche con il DM ad assumere in ruolo di arbitro quasi esclusivamente “tecnico” e ben poco da narratore, sul quale invece tanto si puntò in seguito. Anche per questo la nota di chiude invitando il DM a improvvisare perché chiave del successo per una bella avventura