Curse of the Azure Bonds: la tana del beholder

  Abbiamo sperimentato gli effetti del “modo giusto” per recuperare le energie del gruppo e adesso possiamo continuare, seppure la domanda “dove?” non ha risposte molto confortanti. Si capisce subito che servirà qualcosa di più di una sgambata sotterranea: i combattimenti di superficie non sono affatto distanti e sicuramente incontreremo qualcuno. 

  Sono i passi successivi a metterci, tuttavia, maggiore angoscia. Ora diventa chiaro che questo non è un condotto né un cunicolo, ma è un complesso sotterraneo di stanze comunicanti, e ovviamente ci sono un sacco di mostri!

   All’inizio i combattimenti si susseguono al ritmo di un incontro ogni due o tre “blocchi” (o «quadretti di mappa») attraversati alla volta. Al “fritto misto” dei baniti ortodossi o degli Zhentarim, questo dungeon ci offre l’opportunità di un incontro nuovo: un branco di manticore, gialle, con le teste di vecchi uomini canuti, ali da pipistrello e code che scagliano aculei. Data la singolarità di questo complesso sotterraneo mostri di questa rarità possono avere la loro ragione d’esistenza qui: siamo sotto Rocca Zhentil, le caverne sono collegate con la Cattedrale di Bane; saranno stati gli Zhentarim a far alloggiare qui le bestie. Meno coerente appare essere uno dei loro “capogruppo”: un drow (l’altro è un “gran sacerdote con emblema Zhentarim sullo scudo) di livello «Dark Elf Lord», su cui non riesco a trovare alcuna spiegazione. Questo genere d’incontro è prevalentemente un combattimento fisico e non eccessivamente impegnativo.

  I problemi reali vengono dopo due o tre incontri e non riguardano solo la decimazione del gruppo, come lo screenshot testimonia. Se ci si avventura qui sicuri di risolvere in breve la faccenda e ci si dimentica di disegnare la mappa (intendo dire, disegnarla concretamente, con carta e matita o con Paint) nel giro di poco si perde il senso dell’orientamento perché mancano i punti di riferimento. Questo non accade per povertà o insufficienza della grafica, ma perché ci aspetta un’altra grossa sorpresa, che forse non ci renderà molto felici. Non abbiamo la più pallida idea su cosa possano mai significare quelle lettere A.S. graffiate sulla parete; forse l’unica ipotesi è che siano le iniziali del nome appartenuto all’elfo che infine troviamo morto in un vicolo cieco.

  Tra i suoi averi dimenticati e trascurati dagli abitanti del luogo, troviamo una borsa – con una trappola innescata. Al suo interno scopriamo una mappa.

  Ci viene assicurato che questo schizzo rappresenta la mappa di queste caverne, e la cosa più importante annotata su di essa è la posizione dellaltare di Dexam. In altre parole questo complesso sotterraneo ospita una stanza che dovrebbe essere la cappella privata di questo alto ufficiale della chiesa di Bane, che tradotto nel gergo più spiccio degli avventurieri significa: la tana del beholder. Di certo tutto questo non fa fare salti di gioia. Innanzitutto, poiché sul videogioco ogni tratto proposto ha la sua coerenza e i suoi collegamenti nella storia, è necessario considerare che la presenza di Dexam a Rocca Zhentil ha avuto della rilevanza per qualcuno al di fuori della chiesa di Bane; altrimenti quale altro genere di elfo avrebbe avuto motivazione per scendere fin qui e mappare il luogo? Un elfo avventuriero che vuole “andare a mostri” in questo caso non avrebbe senso qui: il beholder sicuramente avrà un tesoro da qualche parte, ma Dexam è un agente politico di una ben potente fazione del Mare della Luna e infastidirlo solo per guadagnare gloria e denaro uccidendolo non mi sembra la migliore ragione al mondo. Oltre questo, l’informazione «altare Dexam» lascia un poco interdetti sulle tempistiche della vicenda complessiva; cioè da quanto tempo l’occhio tiranno si trova qui. Può anche essere giusto pensare che come “ospite speciale” gli Zhentarim gli abbiano concesso l’uso dell’ambiente della città più adatto al suo stile di vita – sicuramente i beholder non hanno cagnolini da portare al parco e di sera non si siedono di fronte al camino a fumare la pipa e bere birra – ma il fatto che abbia potuto organizzare tutto il complesso sotterraneo come un piccolo dungeon con dei mostri e delle bestie particolari lascia perplessi: gli Zhentarim avrebbero dovuto fare grandi resistenze.

  Infatti, cerco di seguire la mappa – e non è facile perché non è orientata e non riporta tutto il dungeon nella sua completezza – e ancora alle prese con l’individuare precisamente la posizione del gruppo, mi imbatto in un gruppetto di otyugh. Solitamente è un buon segno in queste avventure perché quando i mostri incontrati cambiano, ciò sta a significare che il gruppo sta avanzando correttamente lungo l’avventura.

  L’unico problema è che dopo tanto patire per una volta ancora tra i livelli superiori e quelli inferiori, massacrati ogni volta da una quantità di nemici davvero fuori scala – nel senso che come in tutti i giochi di ruolo ben fatti, gli avversari dovrebbero essere un numero finito e quindi terminare dopo diversi scontri lasciandoci campo libero, ma ahimè sto scoprendo che l’idea del respawn nei videogiochi è abbastanza datata poiché qui i chierici, i minotauri e gli Zhentarim non finiscono mai – sto realmente valutando di filarmela da qui seguendo le indicazioni raccolte in giro, saltando del tutto la stanza di Dexam.

Poi mi metto il cuore in pace con rassegnazione. Il comando Area è tornato a funzionare – accade proprio quando si trova la mappa tra gli averi dell’elfo morto – e questo ci evidenzia come la mappa sia fatta molto male e sia illusoria nell’offrire la speranza di trovare un percorso capace di evitarci i guai peggiori. Abbiamo una strada obbligata che passa per la tana del beholder.