Aria fresca (torniamo a Curse of the Azure Bonds)

  La nuova ricacciata nel vuoto del Piano Astrale di Moander avrebbe valso il miracolo di far sentire sulla pelle delle eroi un alito di fresca e profumata brezza laggiù, nelle viscere umide e ammuffite del suo tempio; invece chi gioca l’avventura Curse of the Azure Bonds su PC si ritrova in completa e perfetta solitudine, lui e i suoi PG superstiti. Tuttavia se si è abili e soprattutto testardi si può uscire da uno dei più ostici combattimenti tattici di D&D senza nessun morto sul campo, e questa sarebbe la situazione di “ripartenza” migliore, la più auspicabile, perché se il modulo fa la cortesia d’indicare un’uscita segreta proprio dietro l’altare del dio, che sembrava non essere ancora stata scoperta dai suoi seguaci e portava direttamente fuori, a PC invece bisogna ricaricarsi in spalla armi e bagagli e rifarsi la strada a ritroso.  Sorvolando sul bottino ritrovato, perché sul videogioco non si trova niente d’interessante, va notato il “brutto difetto” di programmazione: siamo scesi fin quaggiù con tanta fatica, abbiamo affrontato mostri rari e difficili che solo pochi specialisti possono combattere efficacemente, ci aspettavamo un ritorno tranquillo, un dungeon vuoto, non altro perché dovremmo averli spazzati via tutti. Invece, no: tornare indietro significa essere nelle mani di una Tabella d’Incontri Casuali capace di farci ripassare tutto l’intero bestiario di questo dungeon, e “non per caso” questa volta – a differenza del viaggio d’andata quando si facevano da parte – tutti i mostri attaccano e combattono fino alla morte.

Personalmente, non so spiegare la ragione di una cosa come questa, pur nel lontano 1989 i codici di programmazione erano più che maturi perché si potesse fermare un engine dal produrre i mob una volta ottenuto l’obiettivo da parte del player. So giustificare questa cosa ancora di meno sotto il profilo dell’avventurosità ludica: questo videogioco, per quanto di solide basi letterarie, prosegue in modo stancante, per non dire estenuante, in sequele ripetute di scontri contro nemici che sono molto numerosi, e molto lunghi da abbattere; forse la spiegazione la troveremo quando sarò riuscito a terminarlo del tutto – ho come il presentimento che gli editori fossero preoccupati della longevità del loro prodotto,  cioè che servisse troppo poco tempo per terminare l’avventura principale e quindi fecero di tutto per far perdere tempo in giro.

 Per fortuna non si è obbligati a rifare tutto il percorso del tempo, ma si può utilizzare quell’uscita secondaria già più volte nominata in precedenza; certo: va superata l’ultima resistenza dei fanatici moanderiti (per quale ragione vogliono continuare a trattenersi, e dov’erano al momento supremo del loro rituale?) – vedere le figure precedenti – e non se ne può uscire bene – vedere le figure che seguono.

  Nel mio caso, anche la swordwoman Alias finisce caduta in battaglia, e Dragonbait lestamente se la carica in spalla per correre a farla risuscitare. Cosa poteva accadere in caso di diversa conclusione del combattimento? Non ne ho idea, né la voglia di sfidare la sorte riprovando l’ultimo-ultimo-ultimo scontro finale di Yûlash, poiché trattasi di un evento minore dell’avventura.  Invece, un fatto da appuntarsi è quanto si vede una volta discesa la collina di Yûlash: come da premesse più volte menzionate, Rocca Zhentil invade la città con un grande contingente di forze e vince la guerra (evento non riportato sul Modulo). Che cosa sta cambiando nella regione?  Ecco un’altra pecca narrativa del videogioco: i nostri personaggi non ne hanno idea, soprattutto, ancora una volta non hanno alcuna informazione diretta da sfruttare per decidere sul da farsi. È vero che, volendo restare attinenti alle fonti bisogna ammettere che nel videogioco il gruppo “nasce” a Phlan e si forma lì, raggiungendo i Livelli VIII-IX in una zona geografica ristretta e poi si risveglia con vuoti di memoria tra le Valli e il Cormyr senza aver potuto vedere nient’altro del mondo con gli occhi e la fama di avventurieri, tuttavia, avere come unico punto di riferimento la figura incappucciata alla Pietra Eretta che ci dice cosa fare, non è il massimo, neppure quando ci dice di andare al cercare il «nero a nord», cioè d’andare a Rocca Zhentil.

  Per gli appassionati di Rolegame elettronici, aggiungo anche le delle note importanti a margine: al termine di questa porzione d’avventura nessuno dei miei PG è riuscito ad aumentare di Livello; il bottino di oggetti magici è scarso, le cose più ghiotte sono le Pietre Ioun (disponibili in diversi colori) e le bacchette magiche (che possono essere usate – come si sa – solo dai Maghi e da Ladri d’alto Livello); nessuna arma o armatura ha bonus superiore al +2 né hanno caratteristiche aggiuntive particolari. 

  Prima di puntare con decisione su Rocca Zhentil ho visitato tutti i dungeon bonus della mappa, ma sono davvero poca cosa, persino quello di Phlan è stato deludente perché mi sono ritrovato a combattere – di nuovo! – i mostri di Yûlash… non ho avuto neppure il piacere di riassaporare un poco di nostalgia per Pool of Radiance