Heroes of the Lance: lo scivolo

Dal punto di vista del contenuto Heroes of the Lance non condivide granché con Dragon of Despair e con I Draghi del Crepuscolo d’Autunno. I videogame sono anche loro dei prodotti editoriali; rispetto ai libri, ai film e agli album discografici, hanno forme fisiche e formule d’interazione diverse, empiricamente “più avanzate”. Volendo così considerare Heroes of the Lance, possiamo compararlo con gli altri due prodotti e dire che dal punto di vista editoriale il videogioco altro non è che una sorta di “riduzione” di un materiale ben più ampio che trovò forme di diffusione diverse. 

   È sufficiente ricordare che:

La notte del Cataclisma era stata una notte d’orrore per la città di Xak Tsaroth. Quando la montagna di fuoco aveva colpito Krynn, la terra si era spaccata. L’antica e splendida città era scivolata dal fianco della montagna cadendo in una enorme caverna formata dai sommovimenti del terreno. E così era andata perduta nel sottosuolo, e molti credevano anzi che fosse stata inghiottita da Newsea [trad. Marenuovo]. La città però esisteva ancora, i suoi edifici diroccati disseminati sui vari livelli della caverna. 

Questa succinta descrizione ci presenta lo scenario di una città sprofondata in una gora sotterranea che rende la discesa e l’avanzata assolutamente impervia. Questo è un dato essenziale, spesso sottovalutato (o peggio: ignorato). I dungeon non sono mai tutti uguali né posso esistere delle reali “tipologie” di questi. Ciascun dungeon è una cosa unica frutto dell’incontro di tantissimi fattori ed elementi diversi. È fondamentale che il Dungeon Master sia in grado di descrivere accuratamente l’ambiente del dungeon in modo che si possano sfruttare tutti gli stimoli e gli impedimenti, e ciascun spunto o difficoltà che esso possa offrire.      Inoltre, le rovine di Xak Tsaroth sono un ambiente abitato, in modo persino complesso:

Il grande Highbulp, Phudge 1°, era un nano di fosso come mille altri. Era quasi intelligente, si diceva che fosse favolosamente ricco ed era un famigerato vigliacco. I Bulp erano diventati il clan più in vista di Xak Tsaroth quando Nulph Bulp, ubriaco, una notte era caduto in un buco e aveva scoperto la città. La mattina dopo, più sobrio, l’aveva dichiarata proprietà del proprio clan. I Bulp vi si erano subito trasferiti, e negli anni successivi avevano concesso graziosamente anche ai clan degli Slud e dei Glup di occupare la città.
   Nella città diroccata non si viveva male – almeno secondo il metro di giudizio dei nani di fosso. Il mondo esterno non li disturbava – anche perché non aveva la minima idea che si trovassero lì, e comunque non gliene importava niente. I Bulp avevano mantenuto senza sforzo il proprio predominio sugli altri clan, soprattutto perché era stato un Bulp di indole scientifica, Glunggua, a inventare l’ascensore, servendosi di due enormi caldaie che gli antichi abitanti della città avevano usato per sciogliere il lardo

    L’ascensore permise ai nani di fosso di espandere le proprie attività predatorie alla giungla sopra la città sepolta, così che il loro livello di vita ne risultò notevolmente migliorato. Glunggu Bulp diventò un eroe e fu acclamato Highbulp all’unanimità. Da allora, il capo dei clan era sempre stato un Bulp.
   Gli anni passarono, e all’improvviso il mondo esterno prese ad interessarsi di Xak Tsaroth. L’arrivo del drago e dei draconici fece volgere al peggio l’esistenza dei nani di fosso. Sulle prime, i draconici avevano avuto intenzione di sterminare quegli sporchi parassiti, ma i nani di fosso – guidati dal grande Phudge – erano stati così abiettamente sottomessi e striscianti che i draconici si erano limitati a fare di loro degli schiavi.
    E così – dopo centinaia d’anni che vivevano a Xak Tsaroth – i nani di fosso s’erano trovati costretti a lavorare per la prima volta. I draconici avevano restaurato le case, imposto una disciplina militare e reso la vita amara per i nani, che erano ora adibiti alla cucina, alle pulizie e alla manutenzione.
     Inutile dire che il grande Phudge non gradiva questo stato di cose. Passava lunghe ore pensando a come eliminare il drago. Ovviamente sapeva dov’era il suo nido, e aveva anche scoperto una strada segreta per penetrarvi. Anzi, lui stesso vi era penetrato, una volta che il drago non c’era. Phudge era rimasto entusiasta della quantità di splendidi sassi e di monete lucenti raccolta nella grande sala sotterranea. In gioventù il grande Highbulp aveva viaggiato, e sapeva che la gente del mondo esterno apprezzava quei bei sassi, in cambio dei quali era disposta a dare tessuti colorati in quantità (Phudge aveva un debole per gli abiti sgargianti). Sui due piedi, Highbulp disegnò una mappa per non dimenticarsi come ritornare al tesoro, e con vera presenza di spirito rubò anche alcuni dei sassi più piccoli.
     Phudge aveva sognato per mesi e mesi quel tesoro, ma per due motivi non ci aveva mai fatto ritorno. Il primo era che il drago non si era più allontanato, e il secondo era che Phudge non capiva un accidente della mappa.
    Ah, se solo il drago se ne fosse andato una volta per tutte, pensava, o se qualche eroe fosse venuto a trafiggerlo con la spada! Le cose stavano così quando il grande Phudge sentì le sue guardie che annunciavano un’invasione di giganti. Alla fine, Bupu riuscì a far uscire il grande Phudge da sotto il letto e a convincerlo che non stava per essere attaccato da un esercito di giganti. A quel punto, Highbulp Phudge 1° cominciòa credere che forse i sogni potevano avverarsi.

Fondamentalmente esistono poche soluzioni per scendere in profondità e addentrarsi nel cuore di Xak Tsaroth. Nel romanzo la Compagnia della Lancia ne sperimenta una: tramite un incantesimo di Charme sulla nana di fosso Buppu possono avanzare – non senza fatica e brutti incontri – sfruttando le conoscenze di questo clan nanico che ha colonizzato il posto dopo il Cataclisma. Come si può intuire dal testo riportato, questa strategia impone ai personaggi delle scelte che in verità non desiderano. Infatti il tocco di realismo in questa avventura si sostanzia nel fatto che nessuno di quelli della Lancia ha la reale intenzione di affrontare faccia a faccia il drago, ma semplicemente di trovare un modo per raggiungere i Dischi di Mishakal, sottrarli al suo custode e scappare il più lontano possibile.    Giocando al tavolo il Modulo dell’avventura, le cose potrebbero andare diversamente, i personaggi interpretati potrebbero anche riuscire a utilizzare quel calderone e arrivare direttamente sul fondo del dirupo che accoglie le rovine della città. Nel videogame, per come è stato scelto di impostare il gioco, praticamente niente di tutto questo è possibile: si tratta solo di una avanzata lineare di settore in settore, per avvicinarsi al Big Boss finale che è il drago.    

Come avevo accennato, Heroes of the Lance condivide ben poco con l’AD&D originale, sistema di gioco compreso. Praticamente tutte le regole basilari di Dungeons & Dragons sono rispettate solo vagamente, e per entrare in sintonia con il prodotto il giocatore deve prima dimenticarsi tutte le meccaniche che conosce per familiarizzare e adattarsi a un videogioco che è impostato come un arcade d’azione pre-platform. Questo è avvenuto anche nella mia esperienza personale, perché in precedenza mi ero lamentato dell’inefficacia degli incantesimi a disposizione – specialmente quelli di Raistlin – però, con l’andare dei giorni e dei tentativi, ho iniziato a capire come funzionano realmente. L’aspetto fondamentale del gioco è il suo essere schiacciato a due dimensioni: Asse della X e Asse delle Y. Il piano delle Ordinate è poco rilevante, escluse le traiettorie delle armi da lancio contro gli esseri di taglia piccola come gli aghar, mentre quello delle Ascisse appare fondamentale. La distanza tra il personaggio e l’antagonista decide se un incantesimo riesce a colpire il bersaglio, e ci si accorge immediatamente: nel caso si lanci l’incantesimo da troppo lontano, l’effetto grafico di questo prenderà una traiettoria in diagonale o verso l’alto o verso il basso.

     Alla fine gli incantesimi sembrano funzionare, seppure li ho lanciati solo contro gli antagonisti alti quanto i personaggi o di più: Sonno addormenta gli uomini (strana presenza questa da parte loro in un posto che invece è popolato solo da mostri), Ragnatela riesce a bloccare i bozak che così si possono affrontare senza troppe ansie, anche il Dardo Incantato e le Mani Brucianti funzionano (quest’ultimo a distanza come una piccola Palla di Fuoco), ma non si possono apprezzare granché gli effetti.

    Per la prima sezione di Heroes of the Lance, infine, non ci sono moltissimi consigli da offrire a chi vuole giocare l’eRPG. L’importante è essere rapidi e veloci. La zona iniziale – cioè il tempio – offre un buon numero di stanze che ti fanno girare in tondo e anche l’opportunità di trovare e raccogliere diversi oggetti come armi magiche e pergamene magiche, ma in sostanza non ne sono riuscito ad apprezzare la convenienza nell’economia complessiva del gioco, in quanto, più si incontrano antagonisti da abbattere più sale i rischio di vedersi sconfitti i personaggi, e – ovviamente – più si consumano le cariche dei preziosissimi oggetti magici che abbiamo in dotazione dal principio.

   Il passaggio dal primo settore al secondo – annunciato da un messaggio-pergamena – avviene all’incirca allo stesso modo del romanzo: impossibilitati dall’usare il calderone-ascensore degli aghar, si troverà una strana apertura in muro che imboccata farà scivolare il gruppo più a fondo nelle cavità di Xak Tsaroth. Lì ci troveremo faccia a faccia con un troll, altro mostro non contemplato né nel romanzo né nel Modulo d’avventura, ma si vede che i programmatori hanno cercato di sopperire alle molteplici mutilazioni offrendo un po’ di varietà grafica.