Pagina strappata con un documento di istruzioni scritto da una mano finissima. “Lui è furioso per i nonmorti del Cimitero Valhigen.
Tre volte ha inviato delle truppe per un assalto, per tre volte non ha avuto successo. Egli non osa mandare un sacerdote di Bane per ripulire il cimitero. Presuppone che se un sacerdote arriva a strappare il controllo dei nonmorti al loro attuale padrone, questo prete diventerebbe una minaccia al suo potere.
Ho suggerito che potremmo neutralizzare la potenza che dirige i nonmorti, quindi usare i non morti come strumenti. Ha riflettuto su questo e poi mi ha ordinato di scoprire chi o cosa controlla il Cimitero Valghingen. Le mie prime indagini hanno mostrato che il cimitero è controllato da una grande potenza, forse un vampiro o un demone. Dovrei usare molti scout e sacerdoti di rango basso per scoprire maggiori informazioni”.
Solo dopo essere scivolato oltre il quarto drappo Ren si fermò per un po’, e così fecero anche Tarl e Shal quando entrarono nella cavernosa stanza dorata. Altri quattro preti gnoll si stavano inginocchiando sulla pedana di un altare. Un quinto, vestito più elaborato, stava dietro l’altare mugolando ripetutamente una litania, la quale fu riconosciuta da Ren come la stessa sentita a Rocca Sokol: «Potere alla fonte! Potere alla fonte!».
Quando la quinta figura, che appariva come il capo sacerdote, vide per primo i tre, rimase immobile per un momento, frastornato. Poi lasciò uscire un grido di allarme agli altri. I quattro balzarono in piedi. Shal rimase dietro i corpi e camminò gelida verso l’altare a forma di T di poco più alto del suo girovita. La sua superficie di mogano era lucida in modo da ferire la vista di Shal proprio perché era una rarità tra gli gnoll disgustosi e luridi. All’incrocio della T c’era un cumulo tondeggiante e grigio di qualcosa. Dall’altra parte c’era un calice d’argento lavorato, opera di nani, per quanto poteva giudicare Shal, ma era scurito e rugginoso, come se il metallo fosse stato corroso e corrotto. All’inizio Shal non riusciva a capire che cosa rendeva un pezzo così preziosamente ornato d’aspetto ripugnante, ma quando andò più vicina a questo, comprese dov’era il male. La sua superficie era ricoperta con i volti degli dèi benevolenti, contorti in smorfie. Erano gli stessi volti scolpiti in rilievo sul suo Bastone del Potere, ma come ogni altra cosa nel fortino degli gnoll, rappresentavano una grottesca trasformazione di tutto ciò che era bello e naturale. In un modo orrido e indiretto, il calice deformava il bastone di Shal e tutto ciò che rappresentava il bene nei Reami.
Iniziò ad avvicinarsi per sbattere a terra quell’oggetto schifoso e frantumarlo, ma poi si bloccò. Il fetore rivoltante di carne rancida le entrò nelle narici prima che potesse allungare una mano sul calice. Mescolato a questo c’era l’odore dolciastro del sangue, e ora vide, con shock, che la poltiglia grigia intravista prima era in verità la testa di un essere umano di pochi giorni, con la pelle livida e gli occhi di fuori come se fosse stato strangolato. Il corpo stirato dietro la testa, escoriato come se avesse subito colpi ripetuti con un oggetto pesante e abrasivo.
Shal si coprì la bocca con una mano e guidò l’altra a stringersi l’addome per cercare di bloccare la nuova ondata di nausea che l’aveva agguantata. Attraverso i suoi denti stretti, digrignò ciò che altrimenti sarebbe stato un urlo d’orrore e repulsione capace di sfondare i timpani. Tirò la testa indietro senza pensarci, come se potesse bastare per liberare il naso dalla puzza immonda. Ma non fu di alcun aiuto, e si gettò in avanti selvaggiamente, colpendo il calice pieno di frattaglie con il retro del bastone. Il sangue si sparse ovunque quando il calice roteò più volte rimbalzando da parete a parete colorate d’oro per tutta la grande sala.
I preti colti di sorpresa, uggiolarono istericamente e lottarono invano per liberarsi dalla morsa con cui Tarl li aveva stretti.
«Niente sangue, niente potere! Niente sangue, niente potere!» Ancora e ancora ripetevano spaventati gridando, incapaci di fermarsi persino quando Ren colpì i denti da iena di uno di loro con un manrovescio.
«Animale!» gridò Shal, la sua rabbia portava la sua voce a farsi così forte da sovrastare i guaiti degli gnoll.
«Animale!» gridò una volta ancora, muovendosi intenzionalmente intorno all’altare con le sue grandi mani che si allungavano verso la gola della creatura.
«No! Ferma!». Tarl spinse lo gnoll a terra con una mano e alzò l’altra per fermare Shal. «È un abominio e merita la morte, ma non dobbiamo ucciderlo».
«Va bene», disse Shal indicandolo. Oltre il corpo, a piedi dell’altare a forma di T, c’era un modellino accuratamente dettagliato di una scena così perfetta che Shal pensò che con un batter d’occhio sarebbe potuta diventare parte di esso. Un muro scolpito di rose di pietra dorate si alzava come sfondo per la scena facendo capire perfettamente che la scena era ambientata in grotta, una grotta da mammuth con un soffitto alto e arieggiato. Una vasca naturale tonda, con acque che riflettevano le superfici della grotta, era il centro della scena in miniatura. In mezzo alla polla riempita d’acqua c’era un semplice ed elegante esagono con piccole gemme blu scintillanti da quattro dei sei punti. L’esagono sembrava pietosamente incompleto, come una magnifica scultura con solo dei buchi vuoti dove dovrebbero esserci delle gemme. Seppure non più largo di due dita, l’esagono, con le due gemme mancanti, si staccava dalla perfezione dell’intera scena. Forse era solo l’immaginazione di Shal, ma le brillanti acque dorate nella vasca sembravano più scure vicino a quella montatura a sei lati. Posto dalla parte opposta del modellino, c’era una piccola replica dell’altare a forma di T. Su questo c’era una minuscola fontana che faceva zampillare un fluido rosso sangue nella vasca. Dove il liquido scuro incontrava la acque dorate, la vasca sarebbe dovuta essere orca o arancio, ma invece radiava tremolante giallo oro. Era come guardare direttamente il sole, faceva male solo fissarlo.
Vinta questa battaglia, troverete tra le altre cose una chiave d’ottone. Questa può essere utile quando, procedendo per le altre stanze del tempietto hobgoblin troverete un umano prigioniero in catene, la chiave serve per liberarlo – in caso che troviate il prigioniero degli hobgoblin prima di aver buttato giù il tempio, comunque sia lo si può liberare scassinando il lucchetto o forzandolo.
Quest’uomo sulla quarantina, e abbastanza in forze, si chiama Skullcrusher ed è l’uomo di Cadorna – sicuramente lo state salvando da una morte orribile, ma nessuno ne parla. Il mio gruppo lo ha preso con sé, gli ha dato una spada per difendersi e adesso ha iniziato a sfruttare le sue migliori conoscenze del luogo per agire al meglio possibile. Per esempio, è stato facile raggiungere il lato sud-est dello stabilimento dove un cancello si apre oltre le mura della Vecchia Phlan (attraverso questo accesso i Cadorna facevano entrare e uscire merci e altro, a loro piacimento e senza il controllo del Consiglio, furbi!), con la Foresta della Faretra Fremente in lontananza (o quello che ne resta). Qui, si può riposare per qualche ora, ricaricare gli incantesimi e prepararsi per andare a recuperare il tesoro di famiglia di Porfirio.
Un pezzo di pergamena piegato con scrittura rozza
Valutazione:
“Gli Hobgoblin sono stati trasferiti fuori del castello Valjevo. Hanno ormai sostituito i troll giganti. Mi sembrano molto resistenti.
La porta sullo Stojanow porta è sorvegliata da Bugbear ed Ettin. Ho sentito che gli Ettin hanno antipatia per la luce. Devono devono essere controllati con la magia.
Alcuni contrabbandieri passano attraverso la porta sullo Stojanow a consegnare provvigioni per il Boss. Devono essere eliminati.
Gli Hobgoblin sono stati sorpresi a discutere di un drago che li avevano spaventati lasciando la sua tana ad est in montagna. Non siamo riusciti a trovare più informazioni”.